Antigoni 

per un pugno di terra


drammaturgia di Flora Sarrubbo e Diletta La Rosa

regia di Flora Sarrubbo
con Diletta La Rosa

musiche e installazioni sonore a cura di Joe Chiericati

Un mondo di morti. Soprattutto.
Al di là di ogni interpretazione che la vede eroina, figura araldica di sottrazione e di lotta, Antigone è attratta dall’oltretomba, perché la legge dei morti è immutabile, al di là del tempo della storia, essa è legge che tutto governa. La parola di Antigone diventa polemos e si risolve in ostinazione. Cosi anche la parola di Creonte, il re che impone il nomos, perché crede nella legge della città, quale unico mezzo per regolare il vivere dei cittadini, e che mai darebbe onori e gloria a chi contro la città ha agito. L’ostinazione fa cadere anche Creonte. Tra zio e nipote non esiste una scelta di confronto, il loro scontro dialogico non porta a soluzione. Antigone aspetta la morte, Creonte non trova altra soluzione che quella di ucciderla, in base all’editto emanato. Nessuno dei due è vincitore. Le Antigoni. Per un pugno di terra è uno spettacolo che vede in scena una sola attrice, che interpreta contemporaneamente le due figure, dando voce ad un lavoro che si basa sulla potenza della parola del testo greco mescolato a una drammaturgia originale.
L’attrice interpreta inoltre una coralità di giornalisti che ha il compito di raccontare e quindi di portare avanti l’azione della tragedia, coralità che verrà restituita attraverso una registrazione. Creonte/Antigone rivelano la loro forza e la loro estrema debolezza attraverso un meccanismo scenico che li fa “scivolare” l’uno dentro l’altro. La crisi di Creonte è il collasso della sua parola, la legge diventa sterile nella ripetizione ostinata del termine stesso, la crisi di Antigone invece è
quella volontà di morte che si rivela esser volontà di porre fine ad un destino disgraziato, quello della sua disgraziata famiglia. Una stirpe macchiata di ogni crimine. Avrebbe forse potuto essere diversa la figlia di Edipo?
Un mondo di morti. Soprattutto. Di legami di sangue, di ghenos, di avi, di lutti mai del tutto consumati, di riti. Il testo diventa poesia restituita attraverso una combinazione di senso e suono, abbandonando del tutto lo scontro iniziale. E il palco rimane vuoto, perché è tragedia la nostra che sancisce la fine di tutto.

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