Ma che terroir!
“E’ un vino chiuso, piacione un po’ ruffiano, ma che terroir!
Signora mia, che terroir!”
Ma che terroir! è un cabaret sul linguaggio del vino e sull’assaggiatore professionista, perché se è vero che già i Greci usavano centinaia di aggettivi per descrivere il vino e se è vero che nell'antica Roma i degustatori , gli haustores, che assaggiavano i vini durante le feste Vinalia dovevano seguire regole precise, è vero che oggi noi possiamo vantare un migliaio di termini per descrivere il vino, a partire da quelle 40 parole impiegate nel 1780 dall’agronomo Maupin.
E allora…Varietà!
Ogni parola diventa ironica, grottesca, diventa scorretta , troppo comprensibile, del tutto indecifrabile; l’assaggiatore parla, istruisce, si pavoneggia, la signora si lascia sedurre… il linguaggio che costruisce il vino e la ritualità dell’assaggio (inclina il bicchiere, guarda il colore, ruota il bicchiere ..solo polso! piccolo sorso, secondo sorso, discreta masticazione no gargarismi! sputacchio ma aggraziato) diventano nello spettacolo un varietà per avvicinarci al vino e non allontanarci, per ritrovare nel vino l' antico sapore della terra, delle sue stagioni, delle sue trasformazioni, dei suoi abitanti e dei suoi frutti, per ritrovare nel vino la cultura del vino, il lavoro dell’uomo, perché come dice Iosko Gravner
“se il vino è parte e non figlio della vite, se vino e vigna sono fatti della stessa materia, il vino va coltivato. Come la vigna, come la vite, come la vita: giorno per giorno”.
E allora la parola “varietà” si allontana dal mondo del cabaret e ci restituisce un termine legato alla natura, varietà delle uve, dei sapori, varietà del vino in quanto mutevole, perché secondo natura ciò che è naturale varia nel tempo, come la vita, giorno per giorno. Allontanandoci da una dimensione eccessivamente spettacolare del vino, come della cucina, che attraverso show e programmi televisivi ha reso il vino parte di un rito feticcio, quello appunto dei tuttologi moderni, attraverso ironia, musica, canzoni rivisitate e inedite, eleganza e poesia, ci inoltriamo nel mondo di quel vino che è “contatto con l’Universo tramite un dito d’aria e un tappo di sughero”